Chiesa reale, storica, attuale, non ideale

Il discorso si volge alla Chiesa reale, non alla sua idea, non a una Chiesa spirituale, bensì a quella storica, attuale. La Chiesa non è affatto un’idea che possa essere progettata a priori, e su cui ci si possa ritirare, quando la realtà fallisca. In fondo non vi è alcuna filosofia della Chiesa: essa si presenta piuttosto come una realtà unica. La sua condizione è analoga a quella d’un uomo: se qualcuno dicesse che il suo assenso, l’approvazione, non vale affatto per l’essere concreto dell’amico, bensì per la sua idea, gli farebbe ingiustizia. Sì, sarebbe sleale verso di lui; poiché è la personalità dell’amico che esige si consenta alla sua realtà esistenziale, ovvero la si rinneghi. Il sì o il no, la lotta o la fedeltà – non però nell’intendimento d’astrarre dalla realtà, per amore dell’idea: sarebbe metafisicamente falso, in quanto costituirebbe un disconoscimento dell’importanza decisiva della personalità, la quale impedisce di farne semplicemente un caso individuo dell’universale. E sarebbe eticamente illecito, poiché equivarrebbe a porre al posto di quell’atteggiamento, che si richiede dalla persona, quello ben diverso che è adatto di fronte ad una cosa. Appunto tale è l’assurdità di una distinzione tra realtà ed idea della Chiesa. Vi e è però a questo proposito tanto più stringente la necessità di un’altra distinzione. Ci si deve chiedere: riesce ad apparire la forma essenziale, la perfezione interiore della Chiesa nella sua manifestazione esteriore nel tempo? Sono operanti le energie essenziali della Chiesa attraverso le sue espressioni di vita visibile? L’interiorità del suo essere si inserisce percepibilmente negli uomini che formano la Chiesa? Qui nessuno si può sentire esentato dal dare risposta, perché essa lo riguarda personalmente.
Quando si sia riconosciuto che la Chiesa nella sua reale essenza è rivestita di valore e rimane ognora una via e una forza atta a farci pervenire al compimento del nostro destino, ciò ci riempirà innanzitutto di un profondo senso di gratitudine, non ci concederà tuttavia per nulla il diritto di collocarci in essa a nostro agio, bensì si muterà in una istanza: poiché la parabola dei talenti [cfr. Mt 26,15; Lc 19,13] vale anche per i nostri rapporti con la Chiesa. Noi siamo gravati di una responsabilità in rapporto ad essa, ciascuno a suo modo, il sacerdote in virtù dell’Ordine, il laico attraverso la Cresima. Dipende da ciascuno di noi con quanta larghezza e profondità contribuiamo a determinarla nel suo essere e nel suo manifestarsi, nel suo interno e nel suo esterno.

Da Romano Guardini, Il senso della Chiesa, Morcelliana, Brescia, 2007, pp.106-107

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