Lavoro o altro?

Se l’uomo valesse per il lavoro che fa, allora una centrale termonucleare, vale più di tutti i Dante, Leonardo, Manzoni, di tutte le epoche anche se vivessero ciascuno mille anni. Questa è civiltà: liberare l’uomo dalla servitù del lavoro, per schiudergli le ali allo scintillante gaudio del suo spirito operante in comunione con la sua natura fisica. L’uomo è fatto per contemplare.
Contemplare, ammirare, meditare, stupirsi e riflettere, ascoltare il sussurro della natura, abbracciarne le melodie, intendere la voce di un cuore che ama, effondersi nella preghiera e nello sguardo di Dio: questo è l’uomo.
Scopritore, analista, poeta, scienziato, filosofo, innamorato, padre, sognatore, spiritoso, ridente, lacrimante, fatto di sospiri e di gaudi, di dedizione e di eroismo, di sintesi e intuiti, di gioco e di letizia, di elevazione, di nobiltà, socievole e amante, generoso felice santo: ecco l’uomo.
Perché il lavoro dovrebbe essere il criterio della distribuzione della felicità fra le creature? Non l’uomo lavorante, ma la persona operante nella comunione delle altre personalità per il vero bene proprio e degli altri, è il fondamento della società.

Enrico Medi, scienziato, Il mondo come lo vedo io

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