Le tre “p” di papa Francesco

Da Francesco «tre p» per la vita consacrata Preghiera, povertà, pazienza le colonne su cui fondare la propria testimonianza
Tre ‘p’. Preghiera, povertà e pazienza. Sono queste le tre «colonne» della vita consacrata. Papa Francesco lo aveva già detto nel corso della sua visita a San Giovanni Rotondo. Ieri lo ha ribadito parlando, a braccio, ai partecipanti al Convegno internazionale promosso dalla Congregazione per i religiosi presieduta dal cardinale brasiliano João Braz de Aviz. Nel farlo il Pontefice ha raccomandato di evitare l’attaccamento ai soldi e tutte le ricchezze, di rifuggire «cordate» e «carrierismi».
Il vescovo di Roma ha innanzitutto ricordato che pregare è come «tornare sempre alla prima chiamata» riscoprendo la «radicalità» della scelta religiosa: «lascio tutto per Te». E «la preghiera –ha ribadito – è l’aria che ci fa respirare quella chiamata, rinnovare quella chiamata. Senza quest’aria non potremmo essere buoni consacrati». E quindi ha portato l’esempio di Madre Teresa che «era una macchina per cercarsi dei problemi» ma «le due ore di preghiera davanti al Santissimo, nessuno gliele toglieva».
Parlando della povertà il successore di Pietro ha detto a frati e suore che è un «muro» che difende. «Ti difende – ha spiegato – dallo spirito della mondanità, certamente. Noi sappiamo che il diavolo entra dalle tasche. Tutti noi lo sappiamo. E le piccole tentazioni contro la povertà sono ferite all’appartenenza al corpo della vita consacrata». «Ci sono tre scalini – ha quindi proseguito papa Francesco – per passare dalla consacrazione religiosa alla mondanità religiosa. Sì, anche religiosa; c’è una mondanità religiosa; tanti religiosi e consacrati sono mondani. Tre scalini. Primo: i soldi, cioè la mancanza di povertà. Secondo: la vanità, che va dall’estremo di farsi “pavone” a piccole cose di vanità. E terzo: la superbia, l’orgoglio. E da lì, tutti i vizi. Ma il primo scalino è l’attaccamento alle ricchezze, l’attaccamento ai soldi. Vigilando su quello, gli altri non vengono».
Infine il Pontefice ha parlato della pazienza, necessaria non solo «davanti alle sofferenze del mondo» ma anche «davanti ai problemi comuni della vita consacrata», tra cui quella della «scarsità delle vocazioni ». Di fronte a quest’ultimo problema a volte la risposta è quella di chiudere i noviziati e intraprendere il cammino dell’«ars bene moriendi». «Manca la pazienza e non vengono le vocazioni? Vendiamo e ci attacchiamo ai soldi per qualsiasi cosa possa succedere in futuro. Questo è un segnale – ha avvisato papa Francesco –, un segnale che si è vicini alla morte: quando una Congregazione incomincia ad attaccarsi ai soldi. Non ha la pazienza e cade nella seconda “p”, nella mancanza di povertà». Ma «questa “ars bene moriendi”, è l’eutanasia spirituale di un cuore consacrato che non ce la fa più, non ha il coraggio di seguire il Signore. E non chiama…».
Se non c’è «pazienza» ha poi detto il Pontefice «si capiscono questi carrierismi nei capitoli generali, questo fare le “cordate” prima… per fare due esempi». «Voi – ha aggiunto con un sorriso –non sapete la quantità di problemi, di guerre interne, di liti che arrivano da Monsignor Carballo! (l’arcivescovo segretario della Congregazione, ndr). Ma lui è della Galizia, lui è capace di sopportare questo!».

GIANNI CARDINALE Avvenire 05/05/2018 ROMA

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